La
storia finora: Il conte Nefaria ha
attirato Moon Knight in Italia, minacciando la sua ex ragazza Marlene Alraune.
Il primo confronto contro il Cavaliere Lunare lo aveva visto trionfare, ma il
supereroe ha trovato un inaspettata alleata in Suspiria, una killer di mafiosi
che vuole uccidere il conte.
I due decidono di stringere un’alleanza e di attaccare il
conte direttamente nel suo castello, ma cadono vittime delle sue trappole.
Entrambi vengono soccorsi da Ronin e dai Taciti, un antica associazione di
monaci-guerrieri che da secoli proteggono l’Italia.
Silente, il capo dei Taciti, ha offerto a Marc un aiuto per recuperare il proprio equilibrio, tramite un antico rito: il processo di purificazione.
di
Carmelo Mobilia
# 43
IL NEMICO DENTRO
<Marc?>
chiese una voce.
Marc Spector aprì
gli occhi e cercò con lo sguardo chi lo aveva chiamato e vide un volto che
conosceva bene: il suo.
<Salve,
Marc.>
<Tu sei ...>
<Sono Steven
Grant.>
<Steven Grant
non esiste. E’ solo un identità che mi sono inventato per ...>
< ... tagliare
i ponti col tuo passato, lo so. Io sono quello che tu vorresti essere Marc. La
proiezione positiva che hai di te stesso. Sono un uomo di successo, con una
donna bellissima, un filantropo che fa beneficenza. Sono il figlio che tutti i
genitori vorrebbero, di cui sarebbero orgogliosi.>
<Questa è
...>
<Chicago. Il
quartiere in cui sei cresciuto.> disse Steven.
<Perché siamo
qui?>
<Per aiutarti a
superare i tuoi traumi. Andiamo, siamo solo all’inizio.>
Steven chiamò un
taxi, ma non uno qualunque: uno che a Marc era molto noto.
<Salve Marc.
Sali a bordo.> disse Jake Lockley.
<E tu invece
cosa mi rappresenti?>
<Io sono la tua
parte più umile, Marc. Quella con cui cercavi di sentirti vicino alle persone
che aiutavi, come Gena o Crawley. Sono quella che sta dalla parte degli ultimi,
dei reietti.>
Mentre il taxi
procedeva nella sua corsa, Marc prese la parola:
<Quindi se ho
capito bene, tu rappresenti il mio ideale, tu invece la mia umiltà. Bene. E chi
andiamo ad incontrare adesso? La mia vanità?>
<No Marc. Devi
affrontare le tue colpe.> rispose Steve.
<Cosa?>
<Il tuo senso
di colpa, Marc. Le cose per cui provi vergogna. Devi liberarti di loro.>
aggiunse Lockley.
Marc non rispose,
rimane in silenzio ad immaginarsi cosa o chi poteva essere.
Mentre l’auto
avanzava, la sua attenzione fu attirata dalla vista di una donna.
<Ehi, ma quella
mi pare di conoscerla ...>
<Dovresti. E’
Mrs. Patterson, la tua insegnate al liceo. Fantasticavi spesso su di lei.>
fece notare Grant.
<Ma dove siamo
....>
<Siamo tra i suoi
sogni Marc, tra le tue fantasie Anche quelli sessuali. Le abbiamo tutti, non ti
devi vergognare.> disse Lockley <Vedi? Lì ci sono le gemelle Neal, le tue
compagne di classe ... e lì, Martha Roberts, la prima ragazza che hai
baciato.>
<Non ci sono
solo quelle però.> disse ancora Steven <Vedi lì, per esempio? Lì è quando
sognavi di diventare campione dei medio –massimi ... e li invece, quando eri un
Marine e sognavi di uccidere Bin Laden.>
<Come ogni buon
soldato americano!> aggiunse Jake <Io però preferisco le parti con le
signorine, se permettete... chi abbiamo ancora? ah sì: Lisa, quando
alloggiavate nella campagna friulana... e lì invece non poteva mancare la
splendida Marlene.... dio, che donna!>
Marc la vedeva
proprio com’era nei suoi ricordi, quando faceva aerobica ai piedi della piscina
a villa Grant. Bella, sensuale, e totalmente innamorata di lui.
<Marlene...>
sospirò Marc.
Come aveva fatto a
perderla? Come avevano fatto ad allontanarsi? Mentre percorreva quel viaggio
tra i suoi ricordi, tornò a galla la nostalgia per lei e per quei giorni
felici, per i suoi baci e il calore del suo corpo; una nostalgia che cercava in
tutti i modi di reprimere, per il suo bene diceva, ma che in quel momento era
riaffiorate e si faceva sentire prepotentemente.
Interludio.
In quel momento, ad un oceano di distanza, il caso voleva
che pure Marlene stesse pensando a Marc. Ogni qualvolta credeva di essere
andata avanti, di aver superato la cosa, puntualmente lui ricompariva per
ricordarle quello che avevano provato l’uno per l’altra.
D’altronde, la loro non era certo una storia d’amore
comune... quale altra coppia si era conosciuta in mezzo a saccheggi, massacri e
templi di dei egizi? E di certo, Marc non si poteva definire un uomo comune...
come poteva definirsi tale un uomo che conduceva non una ma ben quattro vite
differenti?
Qualsiasi altra donna avrebbe potuto innamorarsi di Marc...
o di Steven, o di Jake, certo... ma chi poteva innamorarsi di tutti e quattro?
Era una cosa da pazzi... eppure, per molto tempo, aveva funzionato.
Anche in mezzo a tanti pericoli, ai pazzi che cercavano di
ammazzarli, la loro storia andava avanti.
Ma la schizofrenia di Marc, le sue presunte visioni di
Khonshu e l’incensante circolo di violenza in cui era coinvolto l’avevano fatta
allontanare da lui.
La sua relazione con Frank Darabont era stata per lei un
ritorno alle origini e paradossalmente, le aveva fatto riaffiorare certi
ricordi, certi sentimenti che credeva di aver superato e che invece erano
tornati a galla.
E per questo, Marlene si odiava.
Le sue riflessioni furono interrotte dal campanello.
Marlene andò ad aprire la porta.
<La signorina Marlene Alraune?>
<Si, sono io.>
<Sono l’agente Neville, lui è l’agente Fontaine, FBI.
Vorremmo farle alcune domande a proposito di Marc Spector, se non le
dispiace.>
Quando piove diluvia, pensò Marlene.
***
Il taxi proseguiva
la corsa, prendendo una strada in discesa, quando all’improvviso iniziò a farsi
buio.
<Ci
siamo...> disse Grant.
<Dove
siamo?> chiese Marc.
<Ci stiamo
addentrando verso la tua parte più profonda ed oscura. Presto arriveranno
e...>
<Chi? Chi
arriverà?> chiese ancora, ma prima che potesse ricevere risposta Lockley
esclamò:
<Eccoli! Sono
qui! Tenetevi forte!>
Delle auto nere,
dai vetri oscurati, stavano dietro di loro. Lockley accelerò ma queste gli
stavano dietro. Cominciarono prima a tamponarlo, poi lo affiancarono e
cercarono di mandarlo fuori strada.
Il taxi sbandava
pericolosamente, a destra e a sinistra. Marc e i suoi due alias venivano
sballottati al suo interno.
Sembrava di essere
sulle autoscontro del Luna Park, solo che qui l’impatto era più brutale e
violento.
<Ma chi sono
sti matti? Ci vogliono ammazzare?>
<REGGETEVI!>
Il Taxi cappottò
un paio di volte, non potendo più proseguire la corsa.
Le auto nere si
fermarono.
Marc e gli altri
scesero dalla macchina, storditi ma illesi.
<Si può sapere
chi diavolo sono?>
In risposta gli
occupanti scesero dalla loro auto e Marc li riconobbe tutti, ad uno ad uno.
Jack Russell,
Licantropus.
Il primo Mezzanotte.
Lo Spettro Nero.
Jellim Yussaf.
Lo
Spaventapasseri.
Zaran.
Mister Negativo.
Il Barone Sangue.
Tarantula Nera.
E quello che senza
ombra di dubbio rappresentava il suo peggior nemico: Bushman.
<Ma loro...
perché...>
<Rappresentano
le tue paure, Marc. I tuoi dubbi, le tue perplessità, le tue insicurezze. Tutto
ciò che ti blocca e non ti fa crescere.> rispose Grant.
<Ma perché
hanno l’aspetto dei miei nemici? Non capisco...>
<Eppure è
semplice se ci pensi, Marc.> gli disse Lockley <Cosa fa un giocatore di
basket quando esegue un tiro libero con la paura? Sbaglia. La paura,
l’insicurezza, i dubbi sono nostri nemici... per questo motivi li raffiguri con
le facce dei tuoi avversari.>
Marc iniziò a
capire.
<E c’è sono una
cosa che si può fare contro le proprio paure: combatterle.> disse,
lanciandosi contro di loro.
Ma c’era qualcosa
che non quadrava: questi non erano i suoi normali avversari no. Erano più
grandi, più forti, più duri.
Marc cercava di
colpirli con tutta la sua forza, ma non riusciva a nuocergli in alcun mondo.
Più combatteva,
più i suoi colpi erano inefficaci, più essi diventavano grossi.
La paura che si
stava impossessando di lui li rendeva sempre più forti e invincibili.
Bushman, colui che
più di tutti loro credeva nel potere della paura, pareva inebriato dalla lotta.
< Ricordi che
ti ho detto l’ultima volta, Spector? Che non eri alla mia altezza! Sei debole, emotivo,
sensibile. DEBOLE. Non puoi prevalere. Non so come hai pensato minimamente di
cavartela contro di me.> esclamava, mentre lo colpiva con violenza.
<Sono tra gli
avversari più forti con cui mi sono scontrato... presi uno a uno sono temibili,
ma tutti insieme... sono inarrestabili! C-Come mi è venuto in mente di buttarmi
a capofitto contro di loro? C-Come farò a sopravvivere? I-Io ... sono
spacciato!>
Il panico lo stava
sopraffacendo, proprio come i suoi nemici.
Marc si sentiva
soffocare, il cuore sembrava gli stesse scoppiando in petto.
Era sul punto di
cedere, quando all’improvviso sentì un calore sulle braccia.
Attorno ai suoi
pugni apparvero dal nulla delle cinghie borchiate, simile al cestus
degli antichi romani, che andavano a fuoco.
Le fiamme si
facevano sempre più grandi e roventi.
I suoi nemici si
ritrassero nel vederle.
<AAAARGH!>
Marc emise un verso rabbioso e si lanciò nuovamente alla carica verso di loro,
colpendoli con quei pugni infuocati: le fiamme resero i suoi colpi
inarrestabili, e ognuno degli avversari cadeva e veniva arso vivo.
Marc si avventò su
Bushman.
<Chi ha paura
adesso, eh Raul? Chi è il debole, adesso? Rispondimi, chi? CHI?> esclamò,
mentre riduceva in cenere il suo avversario.
In breve lo
scontro ebbe termine.
Marc era ancora in
piedi, inspirando e sbuffando come un animale.
<Ma cosa...
come....> prima che potè formulare una frase, Grant e Lockley gli diedero la
risposta che cercava.
<E’ la
manifestazione della tua rabbia, Marc. E’ così che affronti ogni volta le tue
paure, rifugiandoti nella rabbia.> gli fece notare Jake.
<E’ esatto. E’
l’unica risposta che hai trovato e anche questa volta ti ha permesso di
sopravvivere.> aggiunse Steven.
<Ma se ti lasci
sopraffare da essa, finirà col distruggerti... guarda ...>
Le fiamme non
accennavano a spegnersi, anzi aumentavano sempre di più ad ogni respiro.
L’Adrenalina era
come benzina che le stava alimentando.
Presto non si
limitarono solo ai pugni ma iniziarono a bruciargli le braccia.
<AAAAAH!>
<Non lasciare
che ti divori, Marc, non cedere ad essa!>
<Si, Steven a
ragione, Marc, devi calmarti. Non perdere la ragione, cerca di riprendere il
controllo!>
Le fiamme si
stavano espandendo su tutto il corpo.
Marc chiuse gli
occhi e cercò di calmarsi, di ignorare il dolore, di dimenticarsi i motivi che
lo avevano spinto ad arrabbiarsi.
Cercò di placare
la propria anima e a poco a poco di riuscì.
Quando riaprì gli
occhi era nuovamente integro, e si ritrovò presso un altro luogo che gli era
ben noto: il tempio di Khonshu in Egitto, lo stesso in cui morì e risorse per
mano del dio della luna.
<Sapevo che
saremmo giunti fin qui.> disse <Qui è dove tutto è iniziato.>
<E’ solo una
proiezione della tua mente, Marc. Lo hai scelto tu.> rispose Grant.
<Chi dovrò
affrontare? Chi altri è rimasto?>
<Eccoli lì
Marc. Stanno venendo da te.> disse Jake.
Uscirono dalle
tenebre dell’entrata del tempio. Marc li riconobbe immediatamente.
<Papà? Sei tu?
E tu sei ... Randall? E lui ... è il dottor Alraune!>
Il vecchio
rabbino, il bambino vestito con la maglia dei Chicago Cubs e il vecchio
archeologo erano proprio suo padre, suo fratello e il padre di Marlene.
<Mi hai voltato
le spalle, Marc. Ha rifiutato le mia fede, ti sei preso gioco dei miei
insegnamenti, hai seguito un percorso di violenza che ti ha portato dove sei
ora. Sei stato una delusione per me. Una continua fonte di vergogna.> disse
il padre.
<Io volevo solo
essere come te, Marc. Ho fatto tutto per essere come te. Ma tu eri sempre così
competitivo, dovevi emergere sempre. Non mi hai mai fatto vincere. Mi sono
arruolato nell’esercito per essere come te, ti ho seguito nella CIA e come
mercenario... ma tu dovevi sempre essere il migliore. E’ per questo sono
impazzito.> lo seguì a ruota Randall.
<Se tu non mi
avessi fermato, Bushman non mi avrebbe ucciso... sarei ancora vivo, al fianco
di mia figlia.> esclamò infine il dottor Alraune.
<Sei stato un
egoista Marc. Hai sempre pensato solo a te stesso. Hai anteposto il tuo
benessere personale a quello della tua famiglia.>
<Sei sempre
stato cattivo con me, Marc. Io volevo solo che mi apprezzassi...>
<Mi hai fatto
uccidere, Spector. Mi hai privato della vita e di mia figlia!>
Marc sentì il suo
cuore stringersi per il senso di colpa.
<No, non è
così... i-io volevo solo seguire la mia strada... io n-non... >
Marc era piegato
sulle ginocchia, col volto segnato dalle lacrime.
Il dolore che
provava era troppo grande.
Tutt’ a un tratto,
si udirono dei colpi di fucile e le tre sinistre figure vennero colpite.
<PAPA’ .....
RANDALL!> gridò.
Il colpo proveniva
dall’interno del tempio.
Dal buio emerse
una nuova figura.
<Avevano ragione,
e lo sai. Ma il vecchio e il moccioso erano solo una palla al piede, lo sono
sempre stati. Quanto al dottor Alraune beh... se fosse stato più furbo e non si
fosse impicciato, sarebbe ancora vivo.>
Davanti a lui
c’era un altro Marc Spector, vestito come ai tempi in cui faceva il mercenario.
<Tu sei...>
<Sono il tuo
egoismo, Marc. La tua parte egocentrica.> rispose l’altro, colpendolo con un
calcio.
<Che male c’è
ad anteporre i propri interessi al prossimo, eh? Voglio dire, chi se ne frega.
Il vecchio continuava a blaterare quelle stronzate ebree... che palle!>
continuò, continuando a colpirlo.
<Una vita di
sacrifici, di rinunce... e perché? Noi volevamo diventare campioni dei pesi
massimi... e poi arricchirci coi saccheggi! Abbiamo ucciso un sacco di gente,
per questo, e ci ha reso parecchio. E allora? Che male c’è in questo? E’ la
legge della giungla, il forte uccide il debole!> esclamò ancora, colpendolo
con il fucile a mo’ di mazza.
<E Randall?
Cristo che femminuccia... lo è sempre stato! Che si facesse la sua, di vita!
Che sviluppasse la sua, di personalità... voglio dire, cazzo, si è rifatto pure
la faccia uguale alla nostra!>
Marc subiva il
pestaggio, inerme.
<Abbiamo fatto
quel che ci pare, sempre. Ci siamo arricchiti ammazzando e non ce ne dispiace.
Quella è la vita che fa per noi! Non fare il cagnolino per una divinità
egiziana! Quello che fai non ha senso!>
Marc era sul punto
di soccombere, i colpi e le parole del suo alter ego lo ferivano, il senso di
colpa che provava per le sue azioni passate lo stava schiacciando... quando
all’improvviso scattò qualcosa dentro di lui.
<NO!> gridò
Marc, parando l’ennesimo pugno e rispondendo al colpo.
<E’ vero, ci
siamo macchiati le mani di sangue... abbiamo fatto parecchie cose discutibili,
ma siamo cambiati... IO sono cambiato!> disse, passando all’attacco.
<E’ vero, ho
voltato le spalle a papà... e potevo essere un fratello migliore per Randall! E
se non fossi intervenuto, il dottor Alraune sarebbe ancora vivo... ma quello è
il passato, e non si può cambiare! Ora sono uomo diverso... adesso mi prendo
cura degli altri!> disse, ribaltando l’azione e passando all’offensiva.
<Mi sono preso
cura di Marlene, ho fermato Bushman e lotto ogni notte contro uomini come
lui!> disse, accanendosi contro la parte di se che non gli piaceva.
<Ci sono
persone che mi vogliono bene! Gena, Crawley... e Frenchie! Ora aiuto le
persone, combatto i criminali e salvo delle vite! Quello che faccio ha un
senso!> esclamò furioso.
<Non sono più
un egoista, come non sono più un mercenario! Sto dalla parte del bene adesso!
Non sarò perfetto ma sono un brav’uomo! UN BRAV’UOMO! UN UOMO GIUSTO!>
Colpiva, e
colpiva, e colpiva senza fermarsi... fino a quando fu esausto e cadde a terra
sfinito.
<Marc? Tirati
su Marc ...> disse la voce di Steven Grant.
<Si Marc... è
ora di andare a casa.> disse Jake Lockley, e una luce abbagliante investì
tutti e tre.
Marc Spector si risveglio in una stanza, dentro a un letto.
Non fu un risveglio agitato come quello precedente, fu come
destarsi da un sonno profondo, riposante. Si sentiva tranquillo come non mai.
In pace con se stesso come da anni non gli capitava.
Era una sensazione di quiete che non sapeva spiegare, come
se si fosse tolto un grosso peso di dosso, come se avesse sciolto una grande
matassa.
Il processo di purificazione di cui gli aveva parlato
Silente aveva avuto successo.
Dopo tanto tempo Marc si sentiva finalmente bene, in pace
con se stesso.
Si rivestì e uscì dalla stanza, giusto in tempo per
incontrare Suspiria e Ronin di ritorno dalla loro missione.
<Ah sei qui... che hai fatto nel frattempo?> chiese
Suspiria.
<Ho dormito.> rispose lui, con un aria serena.
<Beh mentre tu facevi un riposino, noi siamo andati a
recuperare l’attrezzatura... o quel poco che era rimasto in macchina. C’era
anche il tuo cellulare. Hai diverse chiamate perse.>
Marc prese il telefono. Nigel
Higgins lo aveva cercato più volte.
Povero Nigel - pensò - sarà preoccupato.
Richiamò il numero e finalmente, dopo giorni, i due amici
si risentirono.
<<MARC! Grazie a dio stai bene ... ma che fine hai
fatto?>>
<E’ una lunga storia Nigel ... me la sono vista brutta.
Ma il peggio è passato.>
<<Non direi amico... dì, ma che cazzo aspettavi a
richiamarmi? Sono giorni che ti cerco! Lo sai quant’è difficile per un nero che
non parla italiano cercati per mezza Sicilia?>>
<Sei venuto fino in Sicilia?>
<<E cos’altro potevo fare dopo quel filmato da pazzi?
Tu non rispondevi ed ero preoccupato!>>
<Quale filmato?>
<<Mi prendi in giro amico? E’ su tutti i TG!>>
<Di nuovo, non so di che stai parlando ....>
<<Se è così ti mando il video. Sei nei guai, vecchio
mio.>>
Nigel gli mandò il suddetto video, e Marc non potè credere
ai suoi occhi.
Il filmato mostrava Marc irrompere negli uffici della
regione Sicilia, sfondando una vetrata, e uccidere a sangue freddo un
importante politico italiano, un famoso uomo d’affari americano, la segretaria,
gli addetti alla sicurezza e le guardie del corpo.
<< L’omicidio è avvenuto verso le 13.00 ora locale.
Marc Spector, ex soldato appartenente al corpo dei marines e oggi proprietario
della società SpectoCorp, ha assassinato a sangue freddo l’assessore siciliano
Filippo LoCascio, 56 anni, e l’imprenditore George Garfield. Secondo le
ricostruzioni degli investigatori, l’assessore siciliano e l’affarista
americano stavano trattando per la costruzione di un nuovo aeroporto nell’area
messinese, progetto che interessava anche alla SpectoCorp, che però aveva perso
l’appalto e questo avrebbe scatenato la furia omicida dell’ex marine. Di
Spector, ancora latitante, non si hanno notizie, ma le autorità locali e
l’Interpol hanno ordinato un mandato di cattura internazionale con l’accusa di
omicidio plurimo.>>
Per Marc e Suspiria fu un gioco da ragazzi fare due più
due.
<Opera di Nefaria.> disse lei.
<Senza dubbio.> rispose lui.
<Quell’uomo è...>
<Si Umberto. E’ mio fratello Randall.> rispose Marc
<Il loro piano originale prevedeva che io morissi e lui prendesse il mio
posto, ma hanno sfruttato l’operazione chirurgica in quest’altro modo.
Brillante, a modo loro.>
<Questo fa di te un ricercato internazionale.> disse
Suspiria.
< Già, e secondo Nefaria questo dovrebbe impedirmi di
tornare in patria. Questo può significare solo una cosa, che lui non è più in
Italia.>
<Intendi dire che è tornato a New York?> chiese
ancora Ronin.
<Sì, ne sono sicuro. Ma non ha fatto i conti con le mie
risorse...> Marc richiamò Nigel e gli diede le coordinate per raggiungerlo.
<So che voi Taciti volevate che vi aiutassi nella guerra
a Nefaria, ma adesso che non è più qui è compito mio fermarlo.> disse Marc a
Silente.
L’uomo fece un cenno con la testa, come a far intendere di
aver capito.
<Io posso venire con te.> disse Umberto <Sono un
Ronin, non sono costretto ai confini nazionali.> disse, strizzando l’occhio
<Il mio aiuto ti servirà. In fondo, ti ho salvato la pelle da Tarantula
Nera.>
<Vengo pure io. Non sognarti neppure che rimanga qui.
Nefaria è mio.> disse Suspiria.
L’aiuto di loro due gli sarebbe stato utile, inutile
negarlo.
Marc acconsentì, poi si girò verso Silente.
<Io... ti ringrazio. Davvero, quello che hai fatto per
me...>
Silente non rispose. Fece un segno con la mano come a dire
“non serve” poi si congedò.
Verso quell’uomo così silenzioso e misterioso Marc provava
un immensa gratitudine.
Una volta che il Moonjet atterrò Nigel e Marc poterono
riabbracciarsi.
<Marc, mi hai fatto stare in pena. Credevo fossi morto.
Non farmi più uno scherzo del genere, intesi?>
<Scusa amico. Mi dispiace. Me ne sono successe di tutti
i colori.>
<Chi sono loro?> domandò Nigel.
<Amici. E’ grazie a loro due se sono ancora vivo. Ti
ragguaglierò in volo. Ora decolliamo.>
<Questo coso può attraversare l’Atlantico?> domandò
Suspiria.
< Ho costruito il motore sul modello del Quinjet dei
Vendicatori. Un souvenir di quando stavo con loro. Arriveremo a New York più
velocemente di quello che pensi.> rispose Marc.
Durante il viaggio Marc raccontò a Nigel tutto quello che
era successo, in ogni dettaglio, rispondendo a tutte le sue domande, in più
Nigel fece la conoscenza dei due ospiti italiani.
Il viaggio verso gli States proseguì senza problemi.
<Ma dove alloggeremo, ora che sei un ricercato? I poliziotti
terranno sotto controllo ogni tua proprietà.> osservò Suspiria.
<Si, la villa e l’attico a Manhattan sono out. Infatti
non ci stiamo dirigendo a New York. Per fortuna, io e Frenchie abbiamo pensato
a un eventualità del genere, tempo fa.>
Tra lo stato di New York e quello di Washington c’è una
scogliere sopra la quale sorge un faro.
Un tempo era l’abitazione di G. Lawton Sargent, ufficiale
della marina, ucciso dal Teschio Rosso sotto gli occhi di Capitan America*
Era poi stata acquistata, per un prezzo stracciato, dal
milionario Steven Grant.
* = su Captain America 184 dell’aprile
1975
Qui Marc e Frenchie avevano costruito una base d’emergenza
nell’eventualità ci si dovesse dare alla macchia. Era rifornito di ogni
attrezzatura che poteva servigli inclusi, ovviamente, dei cambi di uniforme.
Da lì Moon Knight e soci avrebbero pianificato le loro
contromosse contro Nefaria.
<Ok Marc, hai un piano?> chiese Ronin.
<Per prima cosa, mi servono delle armi.> disse
Suspiria.
<A quelle ci penso io.> rispose Nigel.
<Nefaria pensa di avermi messo nel sacco.> disse Marc
<Per lui, sono ancora in Italia a nascondermi dall’Interpol. Non può sapere
che sono qua. Voglio usare la cosa a mio vantaggio.>
<Uh Marc, scusa se t’interrompo, ma abbiamo
problemi...> disse Nigel.
<Di che tipo?>
<Beh, hai detto che questo è un posto sicuro, che non lo
conosce nessuno... allora perché c’è una macchina che si sta avvicinando?>
chiese l’inglese, guardando nel monitor che dava alle telecamere esterne.
C’erano solo tre persone a sapere di quel posto: Marc,
Frenchie e ...
<Marlene.> disse Marc.
Fu infatti la bionda archeologa a scendere dall’auto.
Prima ancora che potesse avvicinarsi alla porta d’ingresso,
questa le si apri davanti.
Marlene tirò un profondo sospiro di sollievo.
Entrò dentro casa, cercando con lo sguardo il suo
proprietario.
<Marc?>
<Sono qui.>
Sulle scale, illuminato solo dalla luce della luna che
penetrava da una finestra, le apparve l’inconfondibile cappuccio di Moon Knight.
<Sono venuti i federali, Marc. A casa mia. Mi hanno
chiesto di te. Dicono che hai ucciso un politico italiano.>
<Non sono stato io. E’ un complotto orchestrato da
Nefaria.> rispose lui.
<Lo immaginavo... cioè, immaginavo ci fosse sotto
qualcosa del genere. Non potevo credere che potessi essere stato tu.>
<Cosa ci fai qui, Marlene? Credevo fossi rimasta in
Italia.>
<Io... no. No, sono tornata il giorno dopo che ci siamo
parlati a Taormina.> confessò la donna <Ero molto arrabbiata con te, ma
... sapevo che avevi ragione. Se quell’uomo era tuo nemico, mi aveva offerto un
lavoro per attirarti in una trappola. Ero molto arrabbiata e delusa per questo,
io... non avrei dovuto prendermela con te.> ammise lei candidamente.
<So che volevi proteggermi, Marc. So che l’hai fatto per
il mio bene.> disse ancora, abbassandogli il cappuccio e togliendogli la
maschera.
<Io... vorrei che tu potessi vivere la tua vita lontana
da tutto questo, Marlene. Avevi ragione, la mia vita ha incasinato la tua. Ma
ti prometto che tutto questo finirà, una volta che io...>
<Sssh, basta Marc. Non serve che mi spieghi. Lo so. Ti
credo.> disse lei abbracciandolo.
<Dimmi solo che hai un piano.>
<Si che ce l’ho. Ma per metterlo in atto, ci serve
l’aiuto di un vecchio amico.>
CONTINUA ....
Non molto da dire su questo episodio, se non che tutti i riferimenti che avete letto sono avvenuti nei primi episodi della serie regolare dedicata a Moon Knight scritta da Doug Moench nel 1980.
Carmelo Mobilia.